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Didattica del basso elettrico a cura del M° Gaetano Ferrara

RIVERBERO

È a mio parere il principe degli effetti perché simula, permettendone il controllo, una delle condizioni essenziali per l’evento musicale e sonoro in generale: la riflessione del suono nell’ambiente in cui viene prodotto. Le sale di ripresa sonora di alcuni studi di registrazione (così come capita a teatri e sale da concerto importanti) erano famose per la bellezza e l’equilibrio della riverberazione del suono e per questo ricercate da musicisti e produttori.
La qualità e la bellezza di un suono derivano anche da una buona riverberazione, determinata fondamentalmente dalle dimensioni, dalla forma, dai materiali che rivestono pareti, soffitto e pavimento di un ambiente. I materiali in particolare possono essere riflettenti o assorbenti con tutte le sfumature mediane possibili, sono proprio queste riflessioni che nella giusta misura danno respiro al suono. Quando si oltrepassa la misura dal riverbero si sconfina nel rimbombo, caratteristico di alcune cattedrali o luoghi deputati ad attività sportive come palestre e palazzetti dello sport.
Spesso nelle registrazioni per ottenere effetti particolari si sentiva l’esigenza di moltiplicare lo spazio di un suono oltre le caratteristiche riverberative date dalla sala di registrazione, famoso il caso del 1947 di Peg O’ My Heart, in cui l’intera registrazione fu diffusa mediante uno speaker nel bagno (tipico ambiente con materiali riflettenti come mattonelle, specchi, sanitari…) dello studio e riregistrata integralmente con un microfono. Altrettanto noto è l’uso che Duane Eddy fece di un serbatoio di stoccaggio metallico da 500 galloni per ottenere un largo riverbero sul suono della sua chitarra nelle prime registrazioni del 1958.
Un anno prima, nel 1957 in Germania, nasce l’EMT 140, il primo riverbero a piastra (plate reverb), capace di riprodurre meccanicamente la riflessione del suono. Una grande piastra metallica, collocata verticalmente dentro una struttura opportunamente costruita, riceve il segnale da un trasduttore elettrico (in pratica uno speaker) posizionato sulla sua superficie, la piastra comincia a vibrare in accordo con il segnale dando la sensazione acustica dello spazio, un pickup raccoglie poi il suono così trattato e lo invia verso i sistemi di amplificazione e registrazione.

EMT 140 REVERBERATION UNIT

EMT 140 REVERBERATION UNIT

Certo il riverbero a piastra non aveva il dono della portabilità, per fortuna la Hammond, famosa casa produttrice di organi elettrici, introdusse nel 1959 il riverbero a molla (spring reverb), brevettato dai laboratori Bell e basato sullo stesso principio del riverbero plate ma con delle molle al posto della piastra. Il nuovo dispositivo, pur presentando ancora un certo ingombro, permetteva di essere montato sugli organi della hammond. L’idea piacque anche ai produttori di amplificatori combo per chitarra elettrica, prima Premier e Gibson, poi soprattutto Fender (dal 1963 col Vibroverb seguito dal Super Reverb e dal mitico Twin Reverb), creano dei riverberi onboard (integrati con l’amplificatore) basati sulle molle metalliche che, pur non raggiungendo la qualità delle prestazioni, più realistiche, del riverbero a piastra, conquistarono per la loro calda sonorità il cuore dei chitarristi dagli anni Sessanta ad oggi. Già dalla fine degli anni cinquanta era possibile anche avere il riverbero a molle senza l’ampli, ma erano dei veri e propri scatoloni con circuiti a valvole delle dimensioni di una testata, oggi esistono riverberi a molla (con i transistor però) delle dimensioni quasi di una stompbox, come il Little Lanilei Spring Reverb. Infine con il Boss FRV-1, non senza un leggero senso di tristezza, è possibile avere una simulazione digitale del famoso Fender Spring Reverb del 1963.

FENDER SUPER REVERB

FENDER SUPER REVERB

BOSS FRV1

BOSS FRV1

Pur essendo molto apprezzati, sia il plate che lo spring reverb, è stato con l’avvento del digitale che il riverbero ha compiuto il salto di qualità decisivo, dapprima nel 1976 con il costoso EMT 250 Electronic Reverberator Unit (concepito dalla stessa azienda tedesca che aveva prodotto il primo riverbero a piastra) e poi, soprattutto, nel 1978 con il più economico Lexicon 224, primo riverbero a rack entrato, insieme ai modelli successivi come il Lexicon 300L, in tutti gli studi di registrazione degli anni Ottanta.

LEXICON 224

LEXICON 224

Oltre ai riverberi digitali a rack non mancano naturalmente quelli digitali a pedale, tra le centinaia di modelli presenti sul mercato citiamo l’Electro-Harmonix Holy Grail, il Line 6 Verbzilla, l’EBS Dynaverb e il Markbass Riverbero.

LINE 6 VERBZILLA

LINE 6 VERBZILLA

MARKBASS RIVERBERO

MARKBASS RIVERBERO

Lo sviluppo in questo campo è passato poi al mondo dei software, in particolare dal 1999 quando la Sony presentò il DRE S777, un processore riverbero che, con una tecnica complessa basata sulle operazioni dette di convoluzione, permette di registrare e riprodurre con dei modelli fisici la riverberazione di qualsiasi ambiente.

RIVERBERI SOFTWARE VST PLUGIN SIR2 REVERB

RIVERBERI SOFTWARE VST PLUGIN SIR2 REVERB

I principali parametri che regolano il riverbero sono:

  • Pre-Delay (prima del ritardo), determina in millisecondi (ms) il tempo che intercorre
    tra l’impulso acustico originale e il momento in cui avviene la prima riflessione. Nella realtà questo parametro dipende dalla distanza degli oggetti o delle pareti dalla fonte sonora. Quando la distanza è tale che il suono riflesso diventa riconoscibile e distinto dalla fonte abbiamo il vero e proprio delay (o eco, ritardo).
  • Early Reflections (prime riflessioni), stabilisce la quantità di quelle rapide riflessioni
    del suono che costituiscono la parte iniziale del riverbero e che determinano le caratteristiche dell’ambiente.
  • Decay Time (tempo di decadimento), è il momento in cui le riflessioni si moltiplicano
    in forma caotica e ci si trova in un campo diffuso di riverberazione, è la cosiddetta coda del riverbero. Questo parametro stabilisce la durata di tale fase.
  • Dry/Wet Mix (miscela tra segnale originale ed effetto), il wet è il risultato delle rifles-
    sione senza il segnale originale, il dry è il segnale originale senza le riflessioni, agendo su questi comandi si può miscelare i due segnali aumentando o diminuendo a piacere la quantità di uno o dell’altro.
  • Plate/Spring (piastra/molla), sono algoritmi di riverbero preimpostati che vogliono
    emulare i riverberi a piastra e a molle di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti.
  • Room/Hall/Cathedral (camera, sala da concerto, cattedrale), come è chiaro dai
    nomi stessi, si tratta di impostazioni presettate che simulano la riflessione del suono di alcuni ambienti tipici.

Mentre per i chitarristi e i cantanti il riverbero è una necessità, per quanto riguarda il rapporto tra il basso e questo effetto, si è sempre proceduto con cautela, riverberare un basso significa infatti ingrossare un suono che rischia di diventare rimbombante e indefinito. In ambito solistico (e bassochitarristico) però rappresenta, a mio parere, una risorsa eccezionale, che bagna il suono donando spazio alle idee improvvisative. Anche sulle linee di basso e nello slap è possibile utilizzare il riverbero, facendo però attenzione all’ambiente in cui si suona, al dosaggio del volume, al tocco e, ovviamente, alla quantità e alla qualità di riverberazione.

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