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Didattica del basso elettrico a cura del M° Gaetano Ferrara

VIBRATO

Il vibrato è l’anima della nota.
Steve Vai

Prima di addentrarci nel mondo del vibrato dobbiamo affrontare una delicata questione lessicale.
Vibrato (rapida variazione periodica della frequenza) e tremolo (rapida variazione periodica dell’ampiezza, intensità o volume) sono protagonisti di uno dei più grandi fraintendimenti della storia degli effetti, i due termini (che in effetti possono essere considerati quasi dei sinonimi) sono stati di fatto intercambiabili nel corso dei secoli, a partire dal padre di Mozart, Leopold, che descrivendo il vibrato relativo al violino lo chiamò tremolo.
A dare il colpo di grazia fu la Fender, che chiamò l’innovativa leva del vibrato, montata sulla neonata e altrettanto innovativa Stratocaster del 1954, Synchronised Tremolo. Ci si riferiva ad essa chiamandola braccio del tremolo (trem arm) o strat tremolo. Non contenta la gloriosa azienda californiana nel 1956 produsse un amplificatore per chitarra con un tremolo elettronico integrato a cui diede il nome di Vibrolux, pubblicizzando come vibrato ciò che era tremolo, l’errore si protrasse nel tempo con la produzione di ampli successivi con tremolo onboard.
Questa imprecisione terminologica, che si perpetua ancor oggi, sembrerebbe senza speranza di soluzione.
A complicare la situazione bisogna dire che nella musica classica non vengono distinti i due tipi di modulazione, essi sono infatti riferiti tutti allo stesso termine vibrato, con il quale si descrive la fluttuazione periodica dell’intensità, della frequenza e del timbro di un suono. In questo contesto l’unico modo per distinguerli è andare a specificare la tipologia del vibrato: vibrato di frequenza o vibrato d’intensità. Inoltre frequenza, intensità e timbro, possono essere presenti tutti insieme nell’esecuzione di questo abbellimento fluttuante.
Per di più, sempre nella tradizione della musica colta, il tremolo non è un termine relativo all’intensità, ma è un effetto prodotto dalla rapida ripetizione di uno o più suoni, ad esempio pizzicando velocemente e ripetutamente nella chitarra classica; con un veloce e particolare movimento dell’arco negli strumenti della famiglia dei violini; premendo velocemente uno dopo l’altro due tasti, ad un intervallo minimo di una terza, sul pianoforte. Anche il tipico plettrato veloce eseguito sul mandolino è chiamato tremolo, la stessa tecnica riportata sulla chitarra elettrica (e sviluppata all’estremo da Eddie Van Halen) è detta a volte tremolo picking.
Nel mondo degli effetti elettronici comunque, come specificato all’inizio, ci si riferisce al vibrato intendendo una fluttuazione modulante di intonazione e al tremolo come una di intensità.
Dopo questa lunga introduzione andiamo a scoprire tutte le meraviglie del vibrato.

TREMOLO COME UNA O PIÙ NOTE RIBATTUTE

TREMOLO COME UNA O PIÙ NOTE RIBATTUTE

Segnalato con una linea a forma di serpentina nella scrittura musicale, il vibrato è un effetto antico quanto la musica stessa (nel mondo della teoria musicale se ne discute fin dal Cinquecento), abbellisce le note con delle rapide variazioni microtonali di altezza intorno a un suono che abbia un minimo di durata. Per quasi ogni strumento a fiato, dalla voce al sassofono o al flauto, si possono imparare delle tecniche per eseguire il vibrato.
Per quanto riguarda gli strumenti cordofoni a manico, che sono quelli che più ci interessano, è tipico il vibrato degli strumenti ad arco, notoriamente fretless, che si ottiene oscillando il polpastrello avanti e indietro sulla corda. Naturalmente anche sul basso fretless il vibrato si raggiunge con questa modalità di esecuzione, indimenticabile il suono prodotto da Jaco Pastorius sul suo Fender Jazz, abbellito dalla delicata oscillazione delle dita.
Negli strumenti cordofoni a manico coi tasti, come la chitarra e il classico basso elettrico, la presenza dei tasti impedisce questa fluttuazione del pitch tipica degli strumenti fretless, in questo caso per poter vibrare, il movimento del polpastrello, invece che in senso parallelo alla corda, deve svolgersi perpendicolarmente. Si tratta in pratica di piccoli bending (tiramento o piegamento della corda) velocemente ripetuti che modificando la tensione della corda ne cambiano l’intonazione. Ci sono vari stili di esecuzione del vibrato/bending, il più famoso è quello di B. B. King con quel suo particolare sfarfallio della mano, ma si può citare anche quello circolare di Steve Vai.
Ci sono poi ulteriori possibilità di far vibrare il suono, soprattutto quello prodotto dagli armonici naturali, agendo direttamente sul manico o sul tratto di corda tra il capotasto e la meccanica.

B. B. KING MAESTRO DEL BLUES E DEL VIBRATO

B. B. KING MAESTRO DEL BLUES E DEL VIBRATO

Dopo avere visto come le mani, le nostre produttrici di suoni ed effetti più potenti, realizzino da sempre l’effetto del vibrato direttamente sulle corde, vediamo come lo stesso effetto possa essere prodotto da un rivoluzionario sistema meccanico applicato al ponte e alla cordiera della chitarra e (più raramente) del basso elettrico.
Come dicevamo nell’introduzione la Fender chiamò leva del tremolo (Fender Synchronised Tremolo) quella che sarebbe stato più corretto chiamare leva del vibrato (e che viene chiamata in inglese vibrato bar, tremolo arm, tremolo bridges, vibrato bridge o, onomatopeicamente, whammy bar), questo meccanismo, tipicamente applicato sulla chitarra elettrica e elemento determinante del suo linguaggio da Duane Eddy a Hendrix, da Van Halen a Steve Vai, permette di ottenere un vibrato del tipo bending, cioè relativo al tiraggio e all’allentamento della corda. La leva (o il braccio), avvitata ad un ponte/cordiera mobile, a sua volta collegato a delle molle interne al corpo della chitarra, permette di variare la tensione delle corde e quindi l’intonazione delle note.

REGISTRAZIONE DEL FENDER SYNCHRONISED TREMOLO (1954)

REGISTRAZIONE DEL FENDER SYNCHRONISED TREMOLO (1954)

MOLLE DEL FENDER SYNCHRONISED TREMOLO

MOLLE DEL FENDER SYNCHRONISED TREMOLO

La leva del vibrato ha avuto naturalmente una sua evoluzione tecnica tesa a svilupparne usabilità e prestazioni (maggiore tiramento o allentamento delle corde e maggior tenuta dell’accordatura), a partire dalla sua creazione, avvenuta agli albori dell’era della chitarra elettrica: Doc Kauffman (inventore, musicista e futuro primo socio d’affari di Leo Fender nella compagnia K&F) registrò nel 1935 la prima leva rudimentale del vibrato che muoveva una molla collegata alla cordiera (ma già esisteva un brevetto basato su simili principi depositato nel 1891 da George W. Van Dusen e, inoltre, anche Orville Lewis tentò qualcosa di simile, applicandolo sul violino, nel 1921).
L’obiettivo del Kauffman Vib-rola era quello di replicare le sonorità delle chitarre hawaiane allora in gran moda. A dimostrazione del legame inscindibile tra leva del vibrato e chitarra elettrica, questa leva venne montata in una delle primissime chitarre elettriche spanish (ovvero non hawaiane o lap steel), la mitica Rickenbacker Model B Electro Spanish, costruita in bakelite. Kauffman entra nella storia del vibrato anche per un altro motivo: creò un meccanismo a motore alimentato elettricamente collegato con la cordiera che, posto all’interno di una curiosa versione della Model B, la Electro Vibrola Spanish Guitar, produceva un vibrato appunto meccanico.

KAUFFMAN VIB-ROLA

KAUFFMAN VIB-ROLA

RICKENBACKER ELECTRO VIBROLA SPANISH GUITAR

RICKENBACKER ELECTRO VIBROLA SPANISH GUITAR

Nel 1952 per mano di Paul A. Bigsby, su richiesta del chitarrista country Merle Travis, fu inventato il Bigsby vibrato tailpiece, detto anche ponte tremolo: una leva spinta verso la chitarra pilota un meccanismo a bilancere applicato sulla cordiera che permette di allentare le corde facendo calare il pitch, una molla provvede a riportare leva e corde nella posizione originale; limitatamente è anche possibile tirare la corda, aumentandone la tensione, in senso opposto; ormai reliquia del passato, la leva Bigsby ebbe un notevole successo e mantiene il suo fascino soprattutto negli ambienti musicali vintage legati agli anni Cinquanta.

BIGSBY VIBRATO TAILPIECE

BIGSBY VIBRATO TAILPIECE

Con l’avvento, nel 1954, del Fender Synchronised Tremolo sopracitato, la cordiera viene assorbita dal ponte mobile in un unico blocco direttamente controllato dalla leva, questa innovazione di Leo Fender migliorava, rispetto al modello di Bigsby, l’esecuzione del bend superiore ovvero il tiraggio della corda.
Il sistema di bloccaggio delle corde Floyd Rose, creato alla fine degli anni Settanta dal chitarrista heavy metal statunitense Floyd D. Rose, risolse finalmente i persistenti problemi di scordatura provocati dall’uso della leva.
La leva del vibrato, ormai conosciuta come whammy bar, è da sempre utilizzata a livello espressivo ben oltre il semplice vecchio vibrato, la possibilità poi di portare il suono più di tre toni sotto o sopra la nota originale, senza perdere l’accordatura, la rende uno strumento flessibile e ricco di potenzialità sonore.

Data la notoria stretta parentela con la chitarra elettrica, anche il basso elettrico, senza riscuotere particolare successo, ha in alcuni casi adottato la leva del vibrato. Il rischio di questa adozione è quello di essere, come bassisti, troppo assimilati al linguaggio della chitarra, rincorrendo i luoghi comuni tipici di questo strumento.
È comunque un mercato estremamente di nicchia e sono pochissimi i marchi che producono sistemi per basso per vibrare con la leva, tra questi Hipshot, Kahler, e Bach.
Il sistema Kahler (un sistema a camme, ideato nel 1979 da Gary Kahler e Dave Storey, che lascia il ponte fisso e, tornando alle origini, agisce sulla cordiera), sembra aver riscosso più successo tra i bassisti rispetto al classico ponte fluttuante proposto dalla Hipshot. Fu pubblicizzato, montato su un Precision, da Ben Orr, il bassista dei Cars, nel 1984.

KAHLER HYBRID BASS TREMOLO

KAHLER HYBRID BASS TREMOLO

BEN ORR CON IL  KAHLER BASS TREMOLO

BEN ORR CON IL KAHLER BASS TREMOLO

Tra i pochi bassisti di rilievo che hanno utilizzato in maniera sistematica, con il basso, la leva del vibrato (Kahler) segnaliamo il virtuoso di area metal (ma ricco di influenze funk), purtroppo scomparso nel 2014, Randy Coven.

RANDY COVEN

RANDY COVEN

ARIA PRO II BASS 1986 - CUSTOM FOR RANDY COVEN

ARIA PRO II BASS 1986 – CUSTOM FOR RANDY COVEN

Anche Les Claypool, che utilizza sempre una Kahler montata su alcuni suoi bassi costruiti da Carl Thompson, l’ha utilizza parcamente.
Rari e particolari anche gli strumenti con leva onboard di serie, a partire dal mitico Fender Bass VI del 1962 (che, con la sua scala corta e le 6 corde accordate come la chitarra ma un’ottava sotto, era infatti pensato più per i chitarristi) riprodotto oggi dalla Squier; ai pochi Steinberger che montavano il Bass TransTrem capace di trasportare parallelamente (anche in maniera fissa) tutte le corde fino a una quarta sopra e sotto; fino alla tedesca Deimel che ha realizzato il curioso Firestar Tremolo Bass.

SQUIER VINTAGE MODIFIED BASS VI

SQUIER VINTAGE MODIFIED BASS VI

STEINBERGER XL2T TRANSTREM BASS

STEINBERGER XL2T TRANSTREM BASS

Arriviamo finalmente a considerare il vibrato come effetto elettronico, esso si sviluppa come accessorio onboard degli amplificatori a valvole per chitarra degli anni Cinquanta (ma è esistita anche una unità di vibrato indipendente prodotta dalla Gibson nel 1956 di nessun successo commerciale, la Gibson GA-V1 Vibrato Box).
Di particolare importanza sono stati a partire dal 1957 i Magnatone Custom 280 e 480, in particolare il 280 era il preferito di Buddy Holly, con il loro famoso vero vibrato stereo, un circuito complesso che, sfasando il segnale, riusciva ad ottenere un apparente effetto Doppler (la variazione di frequenza di un suono prodotto da una sorgente in avvicinamento o in allontanamento come ad esempio il suono di una autoambulanza).
Anche la Fender, più portata a includere nei suoi ampli il più economico e semplice circuito del tremolo (spacciandolo magari per vibrato), produsse nei primissimi Sessanta qualche modello con il vero vibrato onboard, come il 6G8 Twin amp.

Nei sintetizzatori il vibrato viene realizzato applicando la tensione generata dal nostro LFO (Low Frequency Oscillator) al VCO (Voltage Controlled Oscillator). L’alternativa è sempre quella della simulazione dell’effetto Doppler (la stessa ottenuta meccanicamente dal Leslie speaker), tale simulazione si ottiene facendo controllare ad un LFO il tempo di ritardo di un delay.

SCHEMA BASILARE DEL VIBRATO

SCHEMA BASILARE DEL VIBRATO

I parametri fondamentali del vibrato sono:

  • Depth (ampiezza), regola quanto ampia debba essere la differenza di altezza rispetto al suono originale.
  • Rate/Speed (frequenza), stabilisce la frequenza della modulazione, ovvero quante volte al secondo avviene la variazione del pitch.
  • Rise Time (tempo di salita), tempo di raggiungimento del picco dell’effetto dal momento in cui si preme il pedale.

In realtà effetti elettronici che riproducono il puro vibrato ce ne sono relativamente pochi, sommersi come siamo da chorus, phaser, flanger e simili, tutti effetti che hanno qualcosa in comune col vibrato. Dal 1982 il Boss VB-2 Vibrato è una delle stompbox di riferimento; abbiamo poi il gettonato Shaker Vibrato della TC Electronic che promette di portare un po’ di Jaco nel vostro suono fretless; per finire si può andare dall’economico Behringer UV300 Ultra Vibrato all’essenziale Malekkko Vibrato.
Esiste anche un pedale che replica l’azione della leva del vibrato (Whammy Pedal) ed è quindi in grado di simulare anche un vibrato, ma data la complessità di tale macchina, le sue possibilità vanno ben al di là del semplice vibrato e lo collocano nell’ambito degli effetti di pitch shifting che incontreremo più avanti nello spazio a loro dedicato.

BOSS VB-2 VIBRATO

BOSS VB-2 VIBRATO

TC ELECTRONIC SHAKER VIBRATO

TC ELECTRONIC SHAKER VIBRATO

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